29 settembre 2007

Paolo Rossi: Gli idola di Bacone

perché gli "idola" sono, cioè questi errori che lui chiama "volantes fantasiae" o errori o fantasmi, sono qualcosa che assedia la mente degli uomini. Il che vuol dire che in Bacone non c’è quella fiducia che c’è in altri della capacità della mente di afferrare il senso profondo delle cose. Gli "idola" sono costitutivi della nostra natura. Come tutti sanno ne distingue quattro gruppi, che sono quelli della spelonca, quelli della tribù, quelli del foro, quelli del teatro. Sono nomi immaginosi, ma la spelonca è la caverna di Platone. Cioè ogni uomo singolo, in quanto nasce, è come in una spelonca, cioè non vede direttamente la realtà, ma vede delle ombre, ha quello che diremmo solo una conoscenza fenomenica del mondo, cioè vede apparenze, non vede la realtà profonda del mondo. Quelli della tribù sono quelli che derivano dal fatto di essere associati, cioè dal fatto di vivere in un certo modo. Se lo dovessimo dire in un linguaggio contemporaneo, diremmo che i paradigmi mentali di un membro di una tribù di pigmei sono estremamente lontani dei paradigmi mentali di un ragazzino che studia nelle nostre scuole elementari, in qualunque paese dell’Europa occidentale. Cioè ci sono, la tribù nel senso proprio di collettività, ci sono degli errori, meglio degli errori, dei pericoli, che la mente corre per il fatto di vivere in quella cultura. Poi ci sono quelli del foro. Foro è il foro degli avvocati, dove si disputa Sono quelli che derivano dal linguaggio. Qui ci sono grandi cose. Questo è il Bacone che è piaciuto di più anche agli analisti, che (erano poi), hanno sempre considerato poco un grande filsoofo, però a questo hanno dedicato attenzione, quando usiamo le parole, dice Bacone, crediamo di usarle solo per chiarire, in realtà quando le usiamo, oscuriamo anche la verità, perché le parole, come dice con una espressione bella, "ritorcono la loro forza sull’intelletto". Cioè, quando scegliamo una parola, scegliamo di dire una cosa, ma insieme nascondiamo quella cosa, perché la parola non dice mai, non serve solo a comunicare, serve anche a nascondere, cioè la scelta di una parola è condizionante, questo vuol dire. Poi ci sono quelli del teatro che sono quelli che derivano - usa questa metafora - dallo "spettacolo delle filosofie". Una metafora irriverente, eh! Bacone scrive delle pagine molto solenni da lord Cancelliere, scrive delle pagine che assomigliano molto di più a quelle di (?), voglio dire, nella filosofia contempranea, irriverenti verso la filosofia. Siamo a teatro, ci passano davanti queste recite. Dice: raccontano sempre la stessa cosa, sono come andare a un banchetto e mangiare sempre carne di porco, travestita in mille modi. Quindi ha questo aspetto, se si vuole, anche tipicamente inglese, ma molto, ma molto irriverente. Ed è una, diciamo, descrizione degli errori tali, da darci l’immagine di una mente che è sempre limitata, ecco, che è sempre limitata, che è sempre, che ha la possibbilità di migliorare la situazione, ma non di cambiarla. Cioè l’uomo non conoscerà mai come Dio. Ecco qui c’è un forte senso - che è quello che c’è anche in Galilei, se si vuole - c’è un forte senso dei limiti della ragione, quelli che Kant chiamerà i "limiti della ragione", che poi è un tema che emerge con Locke, che attraversa tutta la storia della filosofia. L’uomo non è lo specchio del mondo, è uno specchio appannato del mondo, non vede tutto, deve limitare il suo intelletto. Alcune cose può sapere e molte altre cose non può sapere.
Paolo Rossi: Gli idola di Bacone

(via Google)

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